La fibrillazione atriale rappresenta l’aritmia più frequente nella popolazione mondiale. La sua incidenza è destinata ad aumentare alla luce della sua stretta correlazione con l’invecchiamento e dell’aumento dell’aspettativa di vita, ed è probabilmente sottostimata, essendo presente una buona percentuale di pazienti (10-25%) che non presenta alcun sintomo.
Cos’è? Si tratta di un disturbo del ritmo cardiaco caratterizzato da un’attività elettrica disorganizzata degli atri determinante un’inefficace contrattilità degli atri stessi.
Quali sono i sintomi? Il principale è rappresentato dal cardiopalmo aritmico (sensazione di battito veloce e irregolare) cui spesso possono associarsi sintomi e segni di scompenso cardiaco (stanchezza, fatica di respiro) quando a causa della frequenza cardiaca elevata e irregolare il cuore espelle un volume di sangue minore ad ogni contrazione (sistole).
La principale complicanza della fibrillazione atriale è rappresentata dall’ictus. E’ dimostrato come i pazienti affetti da fibrillazione atriale abbiano un rischio di ictus fino a 5 volte maggiore rispetto alla popolazione generale.
L’ictus è causato dalla formazione di trombi dovuti alla stasi ematica nell’atrio sinistro o all’interno dell’auricola sinistra (una zona dell’atrio sinistro) e alla loro mobilizzazione ed embolizzazione a livello cerebrale.
La prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale è rappresentato dalla terapia anticoagulante orale (TAO) la cui indicazione viene stabilita dopo un’attenta valutazione cardiologica clinica che attesti il profilo di rischio tromboembolico del paziente.
La diagnosi della fibrillazione atriale viene eseguita tramite l’esecuzione dell’elettrocardiogramma (ECG), seguita da altre indagini diagnostiche come l’ecocolorDoppler cardiaco (che riveste un’importanza fondamentale nella valutazione della cardiomiopatia atriale tramite la valutazione delle dimensioni e della meccanica dell’atrio sinistro) e, talvolta, dall’ECG-Holter (quando la fibrillazione atriale non è rilevabile tramite l’ECG eseguito al momento della visita e si ha quindi la necessità di una registrazione elettrocardiografica di 24h o più).